Largo San Carlo al Corso (R. IV – Campo Marzio) (sul Corso Umberto, dopo largo Carlo Goldoni, verso piazza del Popolo). (Vedi Via del Corso - Trevi)
I Lombardi, ebbero fin dal basso medioevo una “schola” presso S. Pietro (si crede l’attuale cortile di S. Damaso) e, con l’approvazione di Sisto IV (Della Rovere - 1471-84), costituirono una confraternita della Nazione Lombarda. Il Pontefice le assegnò la chiesetta di S. Niccolò de Tufis o ad Tufosche che stava pel Corso ed era priva di culto per il suo stato “ruinoso e cadente”. Acquistato altro terreno, la confraternita dei Lombardi, fra il 1513 ed il 1520, costruì una chiesa più grande, ma essendosi questa, col tempo, dimostrata insufficiente, li portò, dopo varie peripezie, ad iniziarne una assai più vasta.
Il 1° febbraio 1612 fu posta la prima pietra della nuova chiesa che all’antico titolo di S. Ambrogio aggiungeva ora quello di S. Carlo.
Il tempio completo [1] sorse, senza la tribuna aggiunta assai più tardi, solo nel 1648, ma il culto vi fu praticato fin dal 1614 quando, con una processione solenne [2], vi fu traslata la reliquia del cuore di S. Carlo: “Domenica (6 luglio 1614) Sua Santità (Paolo V), a bon hora, da Montecalvo si trasferì a celebrare la messa nella chiesa di S. Ambrogio al Corso, all’altare di S. Carlo Borromeo [3] avendo, prima che partisse, fatto calare la reliquia del core di S. Carlo, per vederla dappresso”.
Nel 1817, dopo l’abolizione della "corda" sul Corso, fu posto il cavalletto a Piazza Navona e a Piazza S. Carlo al Corso.
Di fronte alla chiesa è adesso l’Hotel Plaza, una volta “Albergo di Roma” di primissimo ordine, nell’ultima Roma papale. Vi alloggiò Carlotta di Sassonia Coburgo Gotha, figlia di Leopoldo I del Belgio, quando nel 1867 venne a Roma per interessare Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-1878) alla sorte del proprio marito Massimiliano Ferdinando Giuseppe Arciduca d’Austria e imperatore del Messico, in quel momento prigioniero del partito Juarez, che lo fucilò il 19 giugno 1867.
Quando, in visita di congedo nel 1863, l’Arciduca Massimiliano era venuto dal Pontefice, Pasquino aveva ammonito:
“Massimiliano, non ti fidare. torna sollecito a Miramare! Il trono fracido di Montezuma è nappo gallico pieno di spuma. Il “timeo Danaos”, chi non ricorda? Sotto la clamide trova la corda.
Accanto alla chiesa, è l’Accademia dell’Arcadia [4] fondata il 5 ottobre 1690 da 14 letterati, frequentati da Cristina di Svevia [5] con lo scopo di combattere le ampollosità e le esagerazioni dei poeti del ‘600. Quando, ad esempio, pel Marini gli sputi della sua bella erano “fiocchi di neve, spume di latte”; le stelle “narcisi del cielo” e si finì a costringere una bella donna a sembrare canuta, per poter essere ammirata.
Modelli degli arcadi furono gli antichi poeti pastorali, ed essi cercarono la semplicità e la naturalezza ispirandosi nient’altro che al sentimento. Il re di Portogallo Giovanni V [6] donò loro il “Bosco Parrasio [7]”, tutt’ora esistente, alle falde del Gianicolo (salita del bosco Parrasio), dove pastori e pastorelli dai nomi di primitivi pastori, tenevano Accademia [8].
_________________________
[1] ) «6 novembre 1666 – Havendo il cardinale Homodei spiccato dal papa un Editto proibente che le donne di malavita non potessero entrare in S. Carlo al Corso, per causa dei chiassi e cadute molte nella pena, gli si fa pagare rigorosamente con applicarsi il denaro alla fabbrica di quella chiesa, pel il che si può mettere il motto « Fabricaverunt peccatrices ». (Archvio Segreto Vaticano Avvisi vol 39)
[2] ) Le finestre sul Corso furono pagate fin “doi e tre scudi l’una".
[3] ) Canonizzato dallo stesso Paolo V.
[4] ) L’Accademia dell’Arcadia, dopo che gli eventi del 1848-49 avevano danneggiato il bosco Parrasio sul Giannicolo, si rifigiò nei locali della chiesa di Sant’Ambrogio e Carlo al Corso dal 1849 al 1933. Le sedi frequentate dall’Accademia letteraria dell’Arcadia dalla sua fondazione, nel 1690, in continuità con un gruppo di letterati intorno a Cristina di Svevia (1626-1689), ad oggi sono numerose. Durante il 1691, le adunanze si svolsero, prima, presso la villa del duca Giuseppe Lotario Mattei Orsini di Paganica (c.1580-1715), di fronte a San Pietro in Vincoli, poi nella villa Mattei Orsini sull’Esquilino (non identificata), quindi nei giardini di palazzo Riario alla Lungara, ospitati da Livio Odescalchi (1652-1713). Dal 1693, l’Accademia fu ospite di Ranuccio II (1630-1694), sugli Orti Farnesiani sul Palatino. Dal 1699, gli arcadi furono ospiti di Antonio Maria Salviati (c.1665-1705) III duca di Giuliano nella villa omonima a via della Lungara. Dalla morte del duca Antonio Maria Salviati, nel 1705, l’Arcadia si riunì nella villa di Vincenzo Giustiniani (1673-1754), III principe di Bassano, a ridosso dell’entrata di villa Borghese. Da settembre del 1707, le riunioni dell’Arcadia si tennero nel parco della villa San Matteo a via Merulana (non identificata) di proprietà di Francesco Maria Ruspoli (1672-1731), principe di Cerveteri e, più tardi, nei giardini della villa dello stesso principe sull’Aventino, subito dietro l’abside di Santa Sabina, a l’interno della ex fortezza Savelli, affittata alla famiglia Orsini dalla famiglia Ginnasi, nel 1712, ed acquisita dagli Orsini subito dopo. Dal 1727, gli arcadi assunsero come loro sede definitiva il Bosco Parrasio, sul Gianicolo, che l’Accademia poté acquisire, per magnanimità di Giovanni V, re di Portogallo e che sarà modellato dall’arcade architetto Antonio Canevari (1681-1764) in collaborazione con Nicola Salvi (1697-1751). Come abbiamo già detto, il Bosco Parrasio subì l’intervento dell’artiglieria francese contro la Repubblica Romana (1849), e nel 1891, l’Accademia fu costretta a riparare nell’Oratorio di Sant’Ambrogio e Carlo al Corso, dove restò fino al 1933. In quell’anno, la biblioteca e l’archivio dell’Accademia furono spostati al Museo Borghese e le riunioni furono ospitate nella Biblioteca Alessandrina a Sant’Ivo. Nel 1935, la Biblioteca Alessandrina si spostò nel palazzo del Rettorato della Città universitaria a San Lorenzo fuori le mura e, tra il 1936 e il 1937, le riunioni degli arcadi avvennero nella sala dei padri Conventuali della Chiesa dei Santi Apostoli. Tra il 1938 e il 1939, le riunioni si tennero nel palazzo Capizucchi, a Piazza Campitelli. Dal 1940, l’Accademia ebbe come sua sede la Biblioteca Angelica dei padri Agostiniani, alla Salita del Grillo, dove si trova tuttora. Il bosco Parrasio sul Gianicolo resta della proprietà dell’Accademia che lo affitta a dei privati come residenza
[5] ) Morta nel 1689.
[6] ) Giovanni V (1707-1750), re del Portogallo, avendo accresciuto di molto le sue finanze grazie alle risorse minerarie del Brasile, finanziò l’acquisto del Bosco del Parrasio perché grande estimatore della città di Roma, dove, per altro, non si era mai recato.
[7] ) Una vena d’acqua vi fu scoperta nel 1682 e alimenta adesso il fontanile sotto il giardino del convento di S. Pietro in Montorio (vedi ‘Piazza di San Pietro in Montorio - Trastevere).
[8] ) L’esagerazione che gli Arcadi dovevano combattere finì per impadronirsi di loro e, nel 1725, per la petizione della Serenissima Violante di Baviera, Gran principessa di Toscana, ad iniziativa dell’Arcadia, fu incoronato poeta in Campidoglio, la domenica 23 di maggio, un tal Bernardino Perfetti pisano cui non fece ombra che a tale onore fossero già stati eletti Francesco Petrarca e Torquato Tasso. Per il “privilegium laurae” conseguito da Petrarca sul Campidoglio e per i concetti svolti nel discorso dal Poeta e la confidenza tra lui e il senatore Orso, si può senz’altro ritenere che il Privilegium suddetto sia stato steso, riveduto e corretto dallo stesso Petrarca e viene a ragione collocato tra i suoi scritti (Raccolte latine del Petrarca del XVI sec., a Venezia e a Basilea: Hortis – Trieste 1874, ecc.). Circa la cerimonia avvenuta l’8 aprile 1341, giorno di Pasqua, in un’epistola metrica, lo stesso Petrarca così la racconta all’amico e familiare del Re Roberto, Giovanni Barrili:
“Subitamente allora a la chiamata I potenti s’adunano di Roma Di festante romor suona e s’adempie Il Campidoglio, ed esultar diresti Le mura istesse e la vetusta mole. Si dà fiato alle trombe; a gara il vulgo Desideroso di veder s’accalca Romoreggiante. Io stesso, io più d’un ciglio Vidi a stento frenar di tenerezza Le lagrime, de molti accolti amici, Ascendo il sommo; tacquero le trombe, Il mormorio si tacque....
Dice del breve discorso da lui pronunziato; e seguita:
“Indi orator facondo, a parlar prese Orso (Orso Orsini), e il delfico alloro a le mie tempie Cinse fra i plausi de Quiriti e i viva. Stefano (Stefano Colonna) quindi (il massimo fra quanti Produsse la gran Roma a’ giorni nostri) Fummi cortese di gran laudi .......................................
Si avvolse a questo punto nel rosso mantello, donatogli dal re di Napoli e di Sicilia (re Roberto) che già aveva ricoperto le regie spalle, e, formatosi il corteo, si avviarono a S.Pietro. Ma peggio accadde sotto la custodia dell’abate Gioacchino Pizzi (morto nel 1790), regnando Pio VI. La stessa funzione fu dunque decretata per la pastorella Corilla Olimpica (Maria Maddalena Morelli Fernandez) che fu, così come il Petrarca, incoronata il 31 agosto 1776 in Campidoglio e Pasquino pubblicò un bando:
“Ordina e vuole monsignor Maffei, che se passa Corilla coll’alloro nessun le tiri bucce o pomodoro, sotto la pena di bajocchi sei.”
E per commentare lo scandaloso fatto, scrisse:
“Per coronare una p......; oscena [11] tal ci voleva un Papa di Cesena”
Avvisi : Roma nel marzo 1774 Corilla Olimpica fu "teneramente…. Protetta dall’arcade Emireno Alantino, al secolo principe don Luigi Gonzaga".
|